Immagine di copertina con Anna Hall - James Rhodes
Questo inverno, come ora, sono stato costretto a fermarmi per qualche settimana dalla corsa. Non sopportavo più il dolore che mi ha portato all’operazione la scorsa settimana. Era il periodo della stagione indoor, una sorta di limbo tra l’inverno puro delle campestri e la primavera della pista. In quel periodo ho approfittato per fare una cosa che, per gli impegni sportivi, non mi era mai capitata prima: andare a vedere un Campionato europeo, indoor in quel caso; andare nei Paesi Bassi, ad Apeldoorn per la precisione. Avevo una motivazione valida considerato che partecipava la mia ragazza, ma era anche un’occasione per staccare la testa dai problemi e godermi due giorni di atletica allo stato puro.
Quando guardiamo le gare comodi sdraiati sul divano di casa di nostra facciamo fatica a dare continuità all’attenzione e riprendiamo la concentrazione solo quando la telecamera si sposta sulla linea di partenza o vicino alla pedana per presentare gli atleti e le atlete, quando c’è un salto, un lancio o lo sparo della pistola del giudice. Il resto del tempo siamo distratti, facciamo altro. Quando sei dentro uno stadio non è così, durante quelle quattro ore di sessione sei trascinato da ogni cosa che ti succede attorno. Si viene stimolati di continuo. La mascotte che incita il pubblico, lo speaker che dice qualcosa di incomprensibile in nederlandese, i volontari che preparano la pista.
In tanti vanno a vedere degli eventi come gli Europei o i Mondiali con ben in testa quale sia la gara che attendono di più. I Paesi Bassi erano la nazionale favorita degli ultimi Euroindoor, forti di una generazione straordinaria e del fattore campo; la maggior parte dei tifosi erano orange, tutto il tifo era per la squadra di casa. E per loro andò tutto alla grande, sorprese e conferme, primi per distacco: sette ori, due argenti. Per me personalmente, durante i due pomeriggi passati dentro l’Omnisport Arena, ogni gara era solo una distrazione dall’ansia prima dei 400m femminili.
Venerdì, poco prima della batteria, vedo sulla pedana del salto in alto degli Adoni provare a passare l’asticella con una grazia simile a quella che ho io in questi giorni quando passo dalla carrozzina al letto. Peccato che saltavano due metri. In quel momento mi sono ricordato dell’esistenza delle prove multiple.

I multiplisti indoor sono “fortunati”, fanno solo sette specialità (60m, lungo, peso, alto, 60m ostacoli, asta e 1000m) rispetto alle dieci solite. Saldi del 30% per la stagione invernale. Gli atleti più forti sono in grado di correre sotto i sette secondi un 60m, saltare otto metri in lungo e due in alto, correre in meno di 2’40” un chilometro. Le donne invece ne fanno cinque, di specialità, tutte in un giorno (60 ostacoli, alto, peso, lungo, 800m), contro le sette estive.
Le prove multiple sono sempre relegate ad orari non televisivi e lontani dai momenti caldi delle giornate. Poi arriva l’ultima gara, quella di mezzofondo, quella che i multiplisti odiano di più, che praticamente non preparano, dove si giocano le posizioni finali. Una gara a chi scoppia per ultimo. Spesso quando si presentano sulla linea di partenza, dopo nove gare, i punteggi sono abbastanza netti e i ribaltamenti sono rari. Ed è un peccato ricordarsi di un decatleta solo quando lo si vede portare i suoi 80kg di muscoli per meno minuti possibili oltre la linea d’arrivo quando i giochi sono già praticamente fatti. Ed è un peccato ricordarsi delle pentatlete solo quando si fanno la foto di rito in gruppo, senza capire come sono arrivate fino a lì.
Quando io e mio padre, ad Apeldoorn, abbiamo assistito al salto in alto (dell’eptathlon maschile) da 2.19m e ai tentativi a 2.22m del vincitore, il norvegese astro nascente della specialità Skotheim, che poi ha corso poche ore dopo i 1000m in 2’32” (entrambi record dei campionati dell’eptathlon) eravamo in visibilio assieme a tutto lo stadio. A casa non mi sarei accorto di nulla; lì è stato il momento emotivamente più forte che non coinvolgesse un italiano.
Io faccio parte del problema, ho sempre considerato poco le prove multiple, anche se ne ho sempre ammirato la difficoltà. Della competizione e della preparazione. Se penso che la mia sia una vita di sacrifici non riesco a immaginare cosa significhi dover preparare dieci o sette specialità diverse per essere un discreto atleta in tutte. Entrare nel Club degli 8000 Punti, soglia per essere considerato un decatleta di alto livello internazionale, significa fare 800 punti medi a gara. Nel caso del pentathlon femminile un valore corrispondente è quello dei 6300 punti, 900 punti per gara. Punteggi che corrispondono a tempi e misure di livello medio/medio-alto in ogni specialità, come dalle tabelle qua sotto.
L’impegno che richiede essere un decatleta o una pentatleta meriterebbe di più la nostra attenzione. Avere eventi dedicati alle prove multiple aiuta, dando chiarezza alla specialità (di non facile comprensione anche per gli appassionati) e spingendo a livello mediatico, con importanti opportunità di visibilità per le atlete e gli atleti. Questo fine settimane c’è stato il meeting di prove multiple più importante del mondo: l’Hypomeeting. Ed è probabile che non ne abbiate mai sentito parlare, nonostante sia arrivato alla sua cinquantesima edizione.
Si svolge a Götzis dal 1975, una cittadina austriaca in un angolino sperduto della valle del Reno Alpino di poco più di 10 mila abitanti sul confine con la Svizzera, a una quindicina di km a Nord del Liechtenstein. Una cittadina austriaca da cartolina. Montagne sullo sfondo, colline rigogliose, una piccola stazione dei treni ordinata circondata da cespugli e prati curati, strade pulite e silenzio tombale. La gara più rilevante dell’anno (a eccezione del Mondiale/Olimpiade) per le prove multiple si svolge lì. C’era bisogno di un evento simile ed è successo da quelle parti. Una tradizione che si è creata negli anni in modo naturale, per l’unicità dell’evento, l’organizzazione impeccabile, il legame dei tifosi, l’atmosfera dentro e fuori il Mösle Stadium. Ma è anche una festa di paese: musica (a una certa è partita Disco Pogo, per intenderci), birra, brezel e profumo di carne grigliata. Gli atleti non sono solo il motivo della festa, ma ne fanno anche parte. Un genere di magia sempre più rara da trovare.

Si registrano decine di migliaia di tifosi paganti per l’evento ogni anno, non solo austriaci. Per una pentatleta o un decatleta poter gareggiare in un contesto simile è emozionante quasi quanto farlo in nazionale. Tutte le attenzioni sono concentrate su di te, per due giorni, non sei solo un disturbo alla normale programmazione. L’atmosfera è unica. Forse meglio di arrivare “esimo” ad un Mondiale?
Da quelle parti ci è passata tutta la storia della specialità. Otto vittorie del campione olimpico di Tokyo Damian Warner; cinque vittorie consecutive di Carolina Klüft, l’europea più forte di sempre; tre record del mondo di decathlon; il primo punteggio oltre i 9000 punti della storia di Roman Šebrle nel 2001, che ha vinto per cinque anni di fila; gli anni Ottanta delle sfide da Guerra Fredda; quattro delle prime dieci prestazioni di sempre dell’eptathlon, tra cui nel 2017 il personale di oltre 7000 punti della tre volte campionessa olimpica Nafissatou Thiam.
Nelle ultime quattro edizioni, dalla ripresa post Covid, c’è stata una media di undici punteggi sopra gli 8000 nel decathlon e quattordici punteggi sopra i 6000 nell’eptathlon. Per entrare in Top 5 di solito ci vuole un punteggio di circa 8300 punti, comparabile al decimo posto in una Olimpiade o Mondiale, mentre per le donne 6300 circa, un ottavo posto olimpico o mondiale.

I risultati di quest’anno si possono trovare qui sotto.
La magia di cui sopra l’hanno saputa sfruttare per bene i due vincitori. L’americana Anna Hall diventa la seconda della storia (a pari merito con Carolina Klüft), il norvegese Sander Skotheim il settimo della storia (a pari merito con Pierce Lepage). La prima con il punteggio di 7032 stacca di oltre 400 punti la seconda, con 1.95m nel salto in alto e 2’01” (da sola) negli 800m potrebbe tranquillamente competere ad livelli in giro per l’Europa. Atleta incredibile. Il secondo si migliora di quasi 300 punti fino a 8909, con una costanza nei punteggi per niente scontata, ma senza picchi altissimi. Qualche piccolo miglioramento nei lanci e i 9000 punti sono lì (fosse così facile…). Il picco l’ha trovato nel salto in lungo lo svizzero Simon Ehammer con 8.34m, la seconda misura della stagione della specialità, solo 3cm dietro Mattia Miles Morales Furlani. A tutti gli effetti la prestazione dell’evento. Ma del resto il ragazzo ha 8.45m, terzo ai Mondiali del 2022 e agli Europei di Roma e quarto alle Olimpiadi dello scorso anno.
La mia riflessione finale è questa, poi ci salutiamo che siamo andati lunghi (strano).
Ci consideriamo uno sport sottovalutato, poco considerato e mediaticamente trascurato. Ne abbiamo parlato più volte. Ci lamentiamo di questo, cerchiamo strade per essere calcolati di più dal pubblico generalista; cerchiamo di spiegare agli altri perché dovrebbero guardarci, cerchiamo di spiegarci e raccontarci nel modo più accattivante possibile. Perché (e sono d’accordo) l’atletica merita più spazio, le atlete e gli atleti meritano più spazio. Ma poi siamo i primi che trascurano le specialità minori, persino le più rappresentative dello spirito che l’atletica rappresenta come le prove multiple. Competizione, ma anche fratellanza. Risultati, ma soprattutto sacrifici. Le pentatlete e i decatleti dovrebbero essere portati in palmo di mano, sono il compendio del nostro sport, invece sembra ne facciano un altro.
Non capisco bene quale sia il messaggio che vogliamo mandare prima di tutto a noi stessi, appassionati e atleti. Che sport vogliamo essere. Che direzione vogliamo prendere.
Grazie per essere arrivati fino a qui! Questa volta non mi andava di fare la carrellata finale dei risultati.
Ci sentiamo lunedì prossimo,
Jacopo
Curiosità dai social
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