L'atletica è politica
La delicata situazione delle atlete transgender e il resto dalla settimana - Off Track #10
Una delle ragioni per cui in questo periodo ci troviamo ogni giorno Donald J. Trump che ne spara una delle sue è che il Partito Democratico statunitense non c’ha capito niente, e continua a non capirci granché. Kamala Harris e i suoi hanno subito un processo di estremizzazione (relativa agli USA, da noi sarebbero normale sinistra diciamo) che possiamo chiamare californizzazione e che ha impaurito l’elettorato moderato, quello che alla fine decide le elezioni.
No, non avete sbagliato newsletter! Però per capire e parlare di sport e atletica non può si prescindere dal capire e parlare di politica. Ormai avrete capito che mi piace prenderla alla larga, ora arrivo al punto non scappate.
La proposta politica dei democratici si è via via radicalizzata su questioni che alla maggior parte delle persone non interessano, e non sono stati in grado di raggiungere gli elettori su argomenti e problemi più rilevanti, come economia e immigrazione. Per questo, e per altre ragioni, The Donald è tornato a sedersi sul trono di Washington D.C.
Rubando le parole a Francesco Costa:
Ogni forma di contrasto all’immigrazione irregolare è diventata quindi tabù, con la conseguenza della crisi umanitaria di cui sopra e anche che ora persino gli elettori progressisti chiedono espulsioni di massa. A chiunque obiettasse è stato dato del razzista. Il sostegno ai diritti delle persone trans è diventato il rifiuto dell’esistenza stessa del sesso biologico e l'incapacità di rispondere alla domanda "chi è una donna?". A chiunque obiettasse è stato dato del transfobico.
[…] «è concentrata più su questioni culturali come i diritti delle persone trans che sulla classe media». […] Questa descrizione non riflette tanto la campagna di Harris, ma l’ambiente generale associato al partito o attorno al partito, le cose di cui discute da anni in città e sui giornali, l’ossessione per parole inventate di sana pianta e imposte a chiunque non volesse sentirsi dare del razzista – da latinx a BIPOC – o per cose come i pronomi. Lo slogan più efficace del comitato Trump in questa campagna è stato: Kamala is for they/them. President Trump is for you .
Qui tocchiamo il punto di oggi.
Trump e la destra MAGA hanno avuto vita facile nel trattare la questione transgender, soprattutto per quanto riguarda lo sport, quello che interessa a noi. A febbraio, circondato da bambine e ragazze, il presidente americano ha firmato uno dei tanti ordini esecutivi dei suoi primi mesi di amministrazione chiamato “No Men in Women’s Sports Executive Order”. Penso non servano traduzioni, si spiega da solo. Così facendo ha dato seguito ad un divieto alla partecipazione sportiva delle donne trans che in realtà vale già per oltre metà degli stati USA.

Se n’è tornato a parlare molto negli ultimi giorni negli Stati Uniti perché una ragazza trans di 16 anni, AB Hernandez, ha vinto due gare dei campionati high school californiani. E dato che ne ha parlato proprio Trump è entrato nel circuito mediatico alt-right e poi in quello mainstream.
È un argomento controverso che torna spesso e volentieri nei discorsi di atleti e appassionati. Vorrei provare ad uscirne con un’opinione più strutturata di: le donne trans sono uomini. Davvero una donna transgender dovrebbe poter competere con le donne cisgender1? Secondo me sni. Dobbiamo imparare a relativizzare.
Innanzitutto il caso di cui sopra non ha a che vedere con l’atletica d’élite, ma quella liceale. È una ragazza che ha effettuato il percorso di transizione da giovane e gareggia con le pari età. Bene, però ha vinto e quindi ha rubato la medaglia a chi era con lei! In realtà no, perché la federazione interscolastica californiana ha deciso due cose con un nuovo regolamento. In primo luogo che qualsiasi posizione in classifica di Hernandez dovesse essere condivisa con la ragazza posizionatasi dietro di lei; in secondo luogo che per ogni competizione alla quale la stessa partecipava (tre: alto, lungo, triplo) potesse gareggiare una ragazza cisgender in più.
In pratica gareggia con le altre ragazze, ma non intacchi risultati e classifica. Mi sembra un buon compromesso, ma ovviamente di questi dettagli chi ha un’ideologia solidificata se ne frega. È un caso differente rispetto a quello che si potrebbe avere in un torneo a eliminazione, come è accaduto con la scherma, o nel caso in cui effettivamente ci fosse una sottrazione di posizioni o possibili qualificazioni per ragazze cisgender, o nel caso di sport che richiedono contatto fisico tra le atlete (rugby, pugilato, football ecc.), o nel professionismo (“rubando” posti per Olimpiadi o Mondiali per esempio). Non ho un’opinione definitiva sulla questione, ma nella maggior parte di questi casi non so se sia giusto ed equo per la competizione femminile dare la possibilità ad atlete transgender di gareggiare.
Ed è un po’ la linea che si sta seguendo nel mondo dello sport, dal nuoto al rugby, dal calcio femminile all’atletica. Non per forza bisogna essere d’accordo con ogni singola scelta di ogni singola federazione. Di nuovo, ogni caso è a sé. L’NCAA e la NAIA, le due associazioni che rappresentano lo sport universitario USA, hanno deciso di seguire in toto Trump ed escludere tutte le ragazze transgender, del resto le minacce di tagli ai fondi federali hanno il loro effetto anche qui (già pronti nei confronti della California per il caso Hernandez).
La World Athletics è andata oltre e ha recentemente deciso che introdurrà test genetici a tutte le donne per definirne il sesso biologico (una sola volta in carriera con dei tamponi per dimostrare di non essere portatori del gene SRY, che determina il sesso maschile). Apriti cielo. Basti pensare a tutta la diatriba che c’è da anni sulle atlete con differenze di sviluppo sessuale (DSD), i cui corpi producono alti livelli di testosterone da dover abbassare per poter essere ammesse. Ricorderete i casi Caster Semenya, Francine Niyonsaba, Margaret Wambui, Christine Mboma e altre. Il presidente Sebastian Coe su questo è molto rigido, non escludendo anche test sul livello di testosterone, uno dei fattori di maggior vantaggio per le atlete transgender e DSD.
Alcune caratteristiche fisiche delle atlete trans potrebbero essere ereditate dalla pubertà maschile, dandole dei vantaggi: densità delle ossa e dei muscoli, capacità polmonare e cardiaca, gambe e braccia più grandi. Ma la scienza non aiuta granché. Gli studi scientifici sono pochi e su scala ridotta. I numeri su quante siano le atlete transgender in attività non sono affidabili anche se in ogni caso irrisori, ma ne basta una sola per far scoppiare il merdone.
Ma anche se la scienza dicesse qualcosa come “il vantaggio è solo del 10% e potrebbe essere ridotto con una terapia ormonale nel giro di un anno” cambierebbe qualcosa nell’opinione delle persone? Secondo me no. Perché non penso che possa essere sopito dalle ricerche scientifiche quello che porta un gruppo di adulti a prepararsi con magliette e cartelloni a tema, a pagare per un aeroplano con la scritta “no boys in girls’ sport” e ad urlare contro una ragazzina di 16 anni che ha l’unica colpa di non essere allineata al proprio genere biologico. È una questione di giustizia sociale complessa, che i dati scientifici non saranno in grado di risolvere.
Non ho davvero idea quale sia la strada migliore in tutto questo casino. Non ci si può affidare alla sensibilità delle singole persone. Non si può dire “sono gli adulti il problema, i giovani non la pensano così!” perché non è sempre vero, anzi, e si finisce sbugiardati alla prima occasione buona. Quindi in un certo senso condivido la posizione della WA nel tentativo quantomeno di darsi una regola chiara ed eliminare le ambiguità. Dove c’è incertezza c’è caos, e nel caos banchettano le posizioni più estreme, intransigenti e radicali. A destra e a sinistra. E questi temi hanno bisogno di essere trattati con delicatezza ed empatia. Non di dare del transfobico al primo che alza un sopracciglio; non di trattare come contronatura persone che ci fanno paura solo perché abbiamo paura della diversità.
Tutto questo posizionarsi sulla questione in modo così netto non mi fa sentire benissimo. Si parla pur sempre di persone, che hanno le loro vite e le loro storie, diverse e lontane dalla maggior parte delle nostre. Che sono una minoranza della minoranza e che vengono prese di mira semplicemente perché vogliono essere se stesse al 100%, e non le capiamo. Si tratta in una certa forma di togliere dei diritti a qualcuno, per darli ad altri certo, ma non può essere fatto in ogni caso a cuor leggero. Invece nella maggior parte dei casi si festeggia con grida di giubilo come una vittoria nei confronti delle ingiustizie delle donne, senza considerare chi c’è dall’altro lato della medaglia.
Alleggeriamo un po’. Numeri!
Mezzofondisti veloci datevi una calmata
Non lo so, negli 800m e nei 1500m negli ultimi due/tre anni è successo qualcosa che ha dell’inspiegabile. Quelli che provano a raccontarla come “eh ma le super scarpe” mi sembrano solo dei rosiconi che non vogliono scendere a patti con la realtà. Stanno correndo tutti fortissimo, anche in Italia. Magari un giorno ci penseremo meglio al perché.
Il muro dei 100 secondi trema
Negli 800m il record del mondo di Rudisha di Londra 2012, 1:40.91, non è mai stato così vicino. E la stessa cosa vale in Italia per il record di Longo/Fiasconaro. Sembra come se a un certo punto a luglio dell’anno scorso sia stato aperto un tappo chiuso da un decina d’anni e sia uscito tutto d’un colpo.
Vediamo un po’ di numeri.
I valori del 2024 sono totalmente fuori scala. Ventisei atleti sotto l’1:44 contro i quindici dell’anno precedente, gli otto del 2022 e i quindici del 2021. La media degli atleti sotto questa soglia tra il 2010 e il 2019 è di undici, con il picco di sedici nel 2012. VENTIDUE delle migliori cinquanta prestazioni di sempre sono del 2024, quasi la metà, cinque delle prime dieci (dalla terza alla settima). Il numero totale di prestazioni nel 2024 sotto l’1:44 (quindi considerando anche più tempi per singolo atleta) è di settantaquattro, più di tutte quelle registrate nei tre anni precedenti messe insieme (cinquantotto), e quest’anno siamo già a venti.
Gli atleti sotto l’1:43 l’anno scorso sono stati dodici, il quadruplo del totale dei tre anni precedenti e della media dal 2010 al 2019, il doppio del picco di 6 nel 2012, anno del record del mondo. In totale durante l’anno hanno corso trenta volte sotto questa soglia.
Ci è tornata alla mente questa situazione dai risultati del Palio della Quercia di Rovereto, dove tre italiani (Pernici, Lazzaro e Riva F.) nella serie B hanno corso sotto l’1:45 diventando decimo, tredicesimo e quattordicesimo di sempre. Tra il 2021 e il 2024 solo Tecuceanu e Barontini ci erano riusciti. L’effetto 800 si sta allargando anche da noi.
Il miglio metrico ormai è roba nostra
Penso sia ancora peggio la situazione dei 1500m, soprattutto in Europa. E ce lo ha ricordata la gara del Golden Gala dello scorso fine settimana. Lo spagnolo Fontes (auguri per essersi laureato in medicina ad inizio settimana) è arrivato ultimo, sedicesimo, e ha corso in 3:32.55 (PB). SEDICESIMO. In nove hanno corso il personale. E salvatevi (che è difficile) il nome Anas Lagtiy Chaoudar, francese di 21 anni che ha corso 3:31.58 (record nazionale under-23, 3:36 l’anno scorso). Federico Riva con il PB 3:31.42 si piazza al secondo posto italiano di sempre; e mi viene da dire che o ha sbagliato preparazione e a settembre striscia (non credo), o il muro dei 3:30.00 non è utopia già per quest’anno.
Come si può leggere dalle statistiche qua sotto nella stessa gara dieci europei hanno corso sotto i 3:33 (di cui sei sotto i 3:32). Sono già più di quelli di tutto il 2022 e quasi quanti quelli del 2021. Mancavano tutti i primi dieci classificati della finale olimpica di Parigi, e siamo ad inizio giugno. È stato il 1500 con il maggior numero di sub-3:32 nella storia (dodici, assieme alla DL di Londra 2023 e con il maggior numero di sub-3:33 (sedici). Ed è stata la prima volta dopo sette anni in cui si è corso sotto il 3:30 senza Jakob Ingebrigtsen.
Che la musica sia cambiata e che l’Europa sia ormai protagonista dei 1500 lo si capisce anche da come sono cambiate le composizioni delle finali di Olimpiadi e Mondiali. All’ultima finale olimpica erano sette gli atleti europei sui dodici totali, nel 2021 erano otto, due nel 2016, uno nel 2012, quattro nel 2008. Agli ultimi mondiali di Budapest nel 2023 erano in otto, nel 2022 erano in sette, nel 2019 in sei, nel 2011 in tre, nel 2009 uno.
Fino al 2022 per entrare nella Top 10 dell’anno in Europa bastava un 3:33/3:32 alto, fino al 2020 persino 3:34. Ora con 3:31.1 non entri nei dieci, con 3:33 sei ventesimo, con 3:34 quasi trentesimo. La situazione si fa affollata.
Siamo andati belli lunghi. Due segnalazioni e ci salutiamo.
La primavera è Bednarek vs Bromell
Kenny Bednarek leader indiscusso del Grand Slam Track, sei vittorie su sei tra 100 e 200, 9.86 e 19.84. Trayvon Bromell World Lead al Golden Gala sui 100 con 9.84. Il primo classe ‘98 era l’argento sui 200m a Parigi e un po’ ce lo si poteva immaginare, ma una consistenza e solidità simili a questi livelli no. Il secondo è in giro da più di dieci anni e ne ha 29, e questa è praticamente la sua terza carriera. Bronzo ai mondiali nel 2015, operato ai tendini, bronzo ai mondiali nel 2022, “sparito” per due anni, torna prepotentemente. Siamo a giugno, non si sono ancora incrociati, ma la velocità mondiale deve aggiungere due nomi a quello di Simbine tra i migliori dell’anno. E occhio al giamaicano Kishane Thompson, 9.88 domenica a Kingston.
Chebet direttamente da Saturno
A Rabat due settimane fa abbiamo visto senza ombra di dubbio il 3000m femminile migliore della storia, perché quella roba corsa il 12 e 13 settembre 1993 delle cinesi sotto effetto di sangue di tartaruga è talmente ridicola da non meritare più di mezza riga. 8:11.56 per Beatrice Chebet, con tutta la seconda parte di gara da sola e un ultimo giro sotto i 62”. E venerdì sera a Roma tutti si aspettavano puntasse a scendere sotto i 14 minuti sui 5000m, ma poverina le è toccato andare piano fino al 3000 per stare in compagnia (8:32) chiudendo da sola 2:47.8-2:44.7 gli ultimi 2km per stampare il secondo tempo di sempre (61.89 l’ultimo giro). Sono tanti gli uomini che fanno fatica ad arrivare a questi livelli. E lo fa con una naturalezza fuori dal mondo.
Appuntamento al 13:59.99 rimandato al Prefontaine Classic tra un mese.
Grazie per essere arrivati fino a qui!
Alla prossima,
Jacopo
Curiosità dai social
Occhi puntati sulle NCAA Finals, ne parleremo
Gabby Thomas insultata durante il GST di Philadelphia da uno scommettitore, che se n’è pure vantato su X con video annessi. Furbo
Altro nome da salvare: Jane Hedengren. Record USA/Nord America U20 e high school record nel miglio. E ha pure 14:57.93 nei 5000m
La cui identità di genere corrisponde al sesso biologico assegnato alla nascita
Tutto perfettamente condivisibile!!